C’era un grande parco dietro l’albergo. E dentro quel parco di fatto viveva tutta quella città finta, inventata a tavolino, appena cinquantenne. C’erano le bancarelle, i giochi per i bambini, e ogni passatempo che poteva coinvolgere tutti gli “schiavi”, cioè gli unici abitanti che nel fine settimana abitavano la capitale, quando tutti i politici tornavano a casa. E anche noi scendevamo in quel parco, uniti nel destino a quegli “schiavi” che dovevano mantenere viva, almeno nell’apparenza, la città. Ecco, questa per me resta Brasilia. Ci sono stato quattro volte in pochi mesi per seguire la vicenda allucinante di Battisti. Non restavano solo gli “schiavi” dal giovedì pomeriggio al martedì mattina, quando i parlamentari tornavano…praticamente per soli due giorni di lavoro a settimana. C’erano anche i vari funzionari che ruotavano (molto snob) intorno al circolo del potere che facevano festa ubriacandosi. Naturalmente eravamo invitati, più per cortesia che per altro, perché poi alla fine parlavano tutti rigorosamente portoghese e ci sentivamo isolati ma comunque costretti moralmente a rifilare qualche “obrigado”.
Adesso a Brasilia c’è la guerra. I signori che gestiscono questo Paese così bello da mozzare il fiato ma anche così contraddittorio ormai non hanno scampo: la corruzione coinvolge tutti i potenti. E gli “schiavi” si sono ormai stancati di morire (letteralmente) di fame per far ricchi pochi, e arroganti, eletti.
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