Letta dopo, sembra quasi una barzelletta. “Urla ovunque, gente che scappava”: le testimonianze di chi stava alla stazione Termini durante quei quaranta minuti d’incubo fanno sorridere appena si è saputo che si trattava di un fucile giocattolo da regalare al figlio. Intanto non ridicolizziamo tanto la paura dei romani perché negli stessi minuti è successa la stessa cosa in Francia per una pistola finta, senza considerare che negli Stati Uniti la polizia ti spara subito per qualcosa che somiglia sia pure vagamente a un’arma. Il problema è che stiamo tutti cambiando. Chi di noi ha frequentato guerre per lavoro ha sempre sostenuto che è una questione di “normalità”. In genere sei terrorizzato nei primi due-tre giorni quando dalla nostra normalità ti ritrovi in un’altra normalità, fatta di uomini armati. A Kabul o a Baghdad è assolutamente “normale” vivere in mezzo alle armi, è normale addormentarsi con la musica delle sparatorie come colonna sonora, è normale anche avere un mitra puntato addosso. Poi ti abitui e non hai più paura se non incappi in un pericolo reale. Ecco, noi siamo ancora fermi alla nostra “normalità” dove un uomo con un fucile (sia pure finto) riesce ancora spaventarci. E in fondo è una fortuna. Speriamo di non doverci mai abituare a un’altra situazione di “normalità” anche se ormai la nostra vita è abituata alle minacce.
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