Facebook compie dieci anni, ma solo negli ultimi cinque si è diffuso come veicolo di menzogna, luogo in cui poter essere ciò che non si è. Per questo Facebook ha ucciso Second Life, dove il gioco della finzione era dichiarato. L’abilità sta nel trasformare lo squallore in esclusività e follia. Il post dell’amica zitella che al sabato sera scrive «finalmente il lusso di una serata tutta per me, tra musica, un bagno caldo, profumi esotici e telefono staccato» va tradotto così: «Nemmeno questa sera mi hanno invitata a uscire e sto guardando “Ti lascio una canzone” dopo aver sistemato alla meglio lo scarico del water che è esploso, mentre i vicini cingalesi pare stiano cucinando dei cadaveri e mi è pure finito il credito del cellulare». Fossero solo le menzogne. Facebook in questi pochi anni si è rivelato la migliore palestra dove esercitarsi nei sei vizi capitali. Certo, i vizi capitali sono sette, ma su Facebook ce n’è uno, l’avarizia, che non ha cittadinanza. Quic onducono tutti vite splendide e dispendiose. Tutti impegnati a farsi gli autoscatto ai tropici con i muscoli in evidenza. O con gli occhialoni da sole davanti a un’infinita serie di gate negli aeroporti di tutto il mondo. Tommaso Labranca
Poche storie, Facebook ha vinto. Il suo fondatore, Mark Zuckerberg, con 24 miliardi di dollari guadagnati a 29 anni, è diventato il più giovane riccone del mondo e continua a farsi fotografare con la felpa grigia col cappuccio come quando si trasferì nel quartiere universitario di Palo Alto, nel 2005, e si aggirava per gli uffici della Silicon Valley con i sandali infradito e un biglietto da visita con la scritta “I’m CEO, Bitch. Sono un amministratore delegato, puttana!”. Riccardo Luna
Mo so puro chi è sto Mark