Prima di ripartire dagli Stati Uniti, un mese dopo l’11 settembre, decido di andare a Boston, da dove sono partiti i due aerei carichi dell’odio dei terroristi che poi hanno frantumato le torri gemelle. Mi sono meravigliato di due aspetti che forse spiegano l’apocalisse. Primo: l’aeroporto Logan è ancora un colabrodo. Secondo: ho trovato tracce pesanti di Bin Laden dappertutto. Sono stato nella strada dove viveva la madre (la strada è tutta sua, in piena Little Italy), ho tentato di incontrarla nell’albergo-residenza (foto) bloccato dalla Cia. Sono stato all’università di Harvard dove si è laureato un fratelo. E al porto turistico nel palazzo dove abitava un altro fratello che ho sfiorato. Per capirci: il nemico gli Stati Uniti l’hanno sempre avuto in casa senza saperlo. Oppure lo sapevano. Ed è tuttora l’interrogativo più inquietante. (2001)
Il saluto di Mohammed Atta all’aeroporto Logan prima della strage
evidentemente i servizi segreti sapevano,
ma la trattativa è sempre legata da potenze filo-americane invisibili
sortanto tristezza pe le pore vittime