Quattro anni fa, alle 3.32, non stavo all’Aquila. Stavo su un aereo che dal Brasile mi riportava in Italia. Sceso a Fiumicino alle 6 di mattina accendo il telefonino e con mia sorpresa lo sento suonare. Era la redazione. Il tempo a casa per cambiare la valigia e alle 9 già facevo la prima diretta dall’ospedale abruzzese. Tutti i malati fuori sulle barelle, l’edificio sventrato. Poi giro la città scoprendo morti e rovine nelle strade nascoste. Il dolore della gente, la paura. Il diluvio in tendopoli, a piazza d’Armi. Il primo panino dopo tre giorni di fame. La conquista di una stanza d’albergo ad Avezzano, lontano cinquanta chilometri. Il freddo che arrivava. Quei cadaveri dentro l’obitorio di Coppito. Le polemiche. Altre scosse: le notti in bianco. Il Papa. Quanti ricordi. Sono stato un mese di seguito all’Aquila durante il terremoto: dal paradiso tropicale all’inferno di una città martoriata. Ancora me lo porto dentro, insieme all’angoscia.
Sono tornato molte altre volte all’Aquila successivamente. L’ultima a ottobre per “Volta la Carta” una grande manifestazione culturale, puntello per ricostruire, se non la città, almeno la comunità. Mi sono fatto accompagnare in centro a rivedere i luoghi che ricordavo feriti. Con mio grande dispiacere ho scoperto che più o meno era tutto come prima, salvo il risveglio della gente che tornava a stringersi intorno al cuore della città. Per questa ricorrenza ho scelto una foto scattata durante quel giro dentro le macerie ma lontanissima dall’idea del disastro. L’Aquila bella, magica: com’è nell’anima. E come, mi auguro, tornerà presto a mostrarsi.
Stavo scrivendo e ho avvertito lo scossone il PC si è spostato, poi una prima notizia da una mia amica che lavora presso il cento sismologico Hawaii, dopo poco iniziarono i messaggi su internet che il grave sisma aveva colpito l’Aquila.
Assergi tajata
Ne la notte buia
‘na mostra cattiva
la veste t’ha squarciato
M’arincresce pe te
piccola tana.
Mo so quattranni
che incora resti tajata!
te sei ammutolita!
Da li taji er vento
imbocca e sorte senza
chiedete compermesso.
La radio non sona più
pemme…
A le vorte me dimanno
se all’arba de quarche giorno
da drènto er letto potrò
rivedè li tetti er celo
e la cima der monte.
franca bassi
La mia piccola casa aspetta la messa in sicurezza.
Magara un giorno ingrufata su ‘na nuvolata vedrò er borgo antico arinasce.
Ma se continua co sta fiacca manco li mi pronipoti lo vedranno.
Bona giornata Gabbià, visto che ciè er sole, me sa che faccio ‘na volata su sta tera pe vedè la primavera.
;) ciao
Grazie infinite , Pino, per questo tuo drammatico ricordo ed il tuo pensiero per la mia distrutta Città! E purtroppo hai ragione , dopo quattro anni, tutto è praticamente come quel maledetto 6 Aprile 2009!
Caro Lucio, te ringrazzio pe quanno passi li accosto e guardi puro pemme. Ner core ciò tanti bei ricordi, mo ce so rimasti sortanto li carcinacci.
Indove è finito er trulletto? sto avatarre nun me piace
l’avatar è legato all’indirizzo email: forse lo hai cambiato?
Grazzie Gabbia pe l’informazzione. No! l’indirizzo email, è sempre er medesimo. Mo me sembra che er trulletto è tornato ;) ciao